“Massaggiami la cosciona, caro….palpami tutta, stringi la mia carne”
Maria si era buttata sul divano, seminuda, esponendo tutto il suo lardo. Amava stendersi su un lato, perchè così l’obesità della sua coscia risaltava di più.
Aveva un prosciuttone grassissimo, carico di cellulite, talmente straripante che si muoveva ad onde.
Senza pudore mi invitò a palparle i fianchi, che io non esitai a sollevare e soppesare come se stessi maneggiando un’enorme impasto per fare settanta chili di tortellini.
“Continuo a ingrassarmi sui fianchi e sulle cosce, lo so… senti quanto sono tanta,” mi disse. Era un letto di carne. Ed era talmente morbida che il suo grasso tremolava tutto come un immenso budino.
Io, mentre continuavo a palparle i fianchi sfacciatamente, iniziai a baciarla dappertutto, lungo i polpacci torniti, le coscione, i fianchi da balia. Era divino immergere entrambe le mani nelle sue cosce.
“Vieni qua, appoggia la testa qui, dove ce n’è di più.” Si riferiva all’insenatura tra coscia, fianco e ventre. Un autentico mare di lardo, il più soffice che aveva. Simbolo materno e lussurioso.
Mi tuffai li dentro e la baciai, senza uscirne più.